Sua Maestà Su Filindeu

Mercoledi 10 aprile, in occasione della Festa de su Filindeu, evento pubblico organizzato da Stefano Pibi, titolare della Pbread Natural Bakery a Cagliari, ho potuto assistere, insieme ai numerosi ospiti presenti, ad un piccolo miracolo, ovvero alla produzione dei cosiddetti Fili di Dio.

Si tratta di sottilissimi fili di pasta ottenuti da un impasto a base di semola di grano duro, acqua e sale, che vengono poi sovrapposti in 3 strati per formare una sorta di cerchio che, una volta essiccato naturalmente per qualche ora, assume quasi le sembianze di un manufatto in cotone sottilissimo, ottenuto con un telaio manuale. Con 200 g di impasto, sapientemente tirato per 8 volte, assecondando la sua elasticità, si ottengono 256 fili. Una volta essiccata, la pasta può essere spezzettata in parti di grandezza irregolare e cotta nel brodo di pecora, come prevede la ricetta tradizionale.

Su Filindeu è un presidio Slow Food della Sardegna, che sull'atlante dei prodotti regionali italiani viene così definito: “Letteralmente velo di Dio, è una pasta di semola di grano duro e acqua, da cui si ricavano fili sottilissimi, simili a capelli, disposti a seccare in tre strati sovrapposti e intrecciati per ottenere l’effetto di una garza sottilissima. Sono confezionati nella zona di Nuoro in occasione della festa di San Francesco di Lula, ai primi di maggio: la minestra preparata con brodo di pecora, formaggio acido e filindeu spezzettato è il pasto dei pellegrini che arrivano al santuario per le celebrazioni. Dato anche il forte legame simbolico con questa manifestazione religiosa, nella cultura popolare viene considerata una pasta dalle facoltà miracolose, al punto che rifiutarla rappresenterebbe un affronto”.

L’impasto tradizionale non prevede l’aggiunta di altri ingredienti oltre a quelli indicati sopra, ma ieri abbiamo potuto assistere alla lavorazione dello stesso addizionato di zafferano, di spinaci, oppure in versione dolce con l’aggiunta di zucchero. Il risultato è l’ottenimento di fili sottilissimi e colorati, che sovrapposti tra loro, amplificano l’effetto artistico di questo manufatto alimentare.

Sono ormai rimaste pochissime “artiste” in grado di produrre questo miracolo, forse solo una decina in tutta la Sardegna. Tra queste Gianfranca Dettori di “Semplicemente pane”, con sede a Sennori, in provincia di Sassari, maestra nell’arte della lavorazione de su filindeu, dei dolci sardi decorati, pane delle feste e altre specialità; e Anna Rita Fadda titolare de “L’arca dei sapori”, situato all’interno del Borgo del Pane di Settimo San Pietro, maestra nella lavorazione dei dolci tradizionali, del pane con lievito madre e preparazione del pane delle feste.

Al termine del laboratorio, durante il quale in tanti hanno cercato di emulare i gesti delle due maestre, provando in prima persona la difficoltà se non l’impossibilità di ottenere quei 256 fili sottilissimi, abbiamo avuto il piacere di assaggiare delle specialità a base di filindeu.

La prima portata prevedeva una rivisitazione della tradizionale ricetta de su filindeu servito con brodo di pecora e formaggio acido. Lo abbiamo assaggiato con un brodo vegetale e con tanto formaggio grattugiato sopra. Una versione più light in termini di contenuto calorico ma non in termini di gusto.

La degustazione è proseguita con una versione salata, moderna e innovativa de su filindeu, che diventa un’idea originale per l’aperitivo. La pasta è infatti stata coppata prima dell’essicazione in piccoli quadrati che sono poi passati in forno per acquisire croccantezza e poi conditi con un pesto ottenuto mescolando lardo, capperi selargini e pomodoro essiccato. Un’esplosione di gusto.

La serata si è conclusa con una portata sorprendente: il dolce. Ebbene sì, su filindeu può essere utilizzato anche per produrre dei fantastici dolci. Forse i più tradizionalisti storceranno il naso sostenendo che la tradizione non contempla una versione dolce de su filindeu, ma vi assicuro che da ieri è ufficialmente uno dei miei dolci preferiti. Tre sono state le varianti proposte. Nei primi due casi su filindeu è stato coppato con una forma che ricorda i classici biscotti di pastafrolla, fritto e poi condito con un filo di miele o con abbamele (sapa di miele). Il risultato ottenuto è croccante, dorato e gustoso. Ultimo, non certo in termini di gusto, è stato il cannolo di pasta di filindeu, ripieno di ricotta di pecora e arricchito con scorze di pompia. Una vera e propria esperienza sensoriale.

Vorrei ringraziare ufficialmente Stefano Pibi per aver dato l’opportunità a tanti di noi di vedere dal vivo questa fantastica lavorazione, di cui conoscevo l’esistenza ma che fino ad ora avevo avuto la possibilità di osservare soltanto attraverso le pagine delle riviste o dei libri di ricette tradizionali.

Posso affermare con certezza che ho vissuto una piacevole esperienza che ha sicuramente arricchito il mio bagaglio culturale ed enogastronomico e che ha allietato le mie papille gustative.


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