Il pane delle feste

Giovedì 24 gennaio, l’edificio storico di Casa Dessì, a Settimo San Pietro, è stato il quartier generale del terzo incontro de Le vie del Pane, progetto curato e sviluppato da Laore, l’agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura e finalizzato alla valorizzazione del pane e dei prodotti del territorio sardo.

L' antica e suggestiva Casa Dessì, che conserva ancora oggi il nome della famiglia che l'ha posseduta, sorge nella via centrale del paese ed è considerata un simbolo dell'architettura antica settimese. L' edificio conserva alcuni degli elementi tipici delle case campidanesi, un grande portale e la caratteristica lolla, un lungo portico archeggiato sul quale si aprono le stanze dove si svolgeva la vita familiare.

La giornata si è articolata secondo un percorso di 3 tappe, necessarie per capire come dall’ingrediente di base si arriva al prodotto finale.

Prima tappa del nostro percorso è stato l’Antico Molino della Famiglia Mascia, dove il tempo sembra essersi fermato agli anni ’50 non solo per gli arredi e l’atmosfera, ma soprattutto per le immutate tecniche di macinazione effettuate esclusivamente con le macine in pietra. Con pazienza e fatica, dalla macinazione del grano della tipologia Senatore Cappelli, proveniente dalla zona di Guasila, si ottengono diverse tipologie di farine, tra le quali la semola fine, uno degli ingredienti base necessari per la lavorazione del Pane delle Feste.

La seconda tappa, quella dedicata alla degustazione, è stata la visita a Il Borgo del Pane, in cui sono presenti diversi laboratori e botteghe dedicate alla produzione e vendita dei pani e dolci tradizionali dell’area metropolitana di Cagliari. Presso il Borgo del Pane abbiamo avuto la possibilità di assaggiare il Moddizzosu, tipico pane del sud Sardegna a base di semola, lievito, acqua e sale.

La terza ed ultima tappa è stata dedicata al laboratorio didattico della produzione del pane delle feste, con la sapiente guida di Anna Rita de L’arca dei sapori e Luisanna della Cooperativa giovanile Bios, che ci hanno mostrato i segreti di queste antiche lavorazioni.

In passato, il pane delle feste, era preparato solo per le classi più abbienti e in occasioni particolari come il matrimonio, dove assumeva il nome di coccoi de is sposus, o per festività liturgiche, come il Natale e la Pasqua. Avere sulla tavola pane decorato significava garantirsi fortuna e buoni auspici. Semola fine, lievito madre, sale e acqua sono i semplici ingredienti da amalgamare, da lisciare, da tornire dando forma rotonda o semicircolare con estremità schiacciate e foro centrale; i pani si decorano con impareggiabile maestria artigiana, utilizzando attrezzi tradizionali quali una forbice particolare, per realizzare is pitzus (o pizzicorrus), e un coltellino, da usare per scolpire a rilievo la superficie superiore. La lievitazione avviene adagiando i pani su teli di cotone per poterli trasportare senza modificarne la forma; saranno infornati senza più toccarli.

Questo tipo di pane si caratterizzava per le moltissime forme in cui era confezionato. Un esempio è quello in cui al coccoi veniva data la forma di una pavoncella nel cui dorso veniva inserito un uovo cotto come decorazione; oppure “sa sorrixedda”, una sorta di farfalla con le due parti speculari al centro, come fossero appunto sorelle. Immancabile era la forma di coroncina con i pitzus a creare dai due ai tre livelli di decorazione.

Prossimo ed ultimo appuntamento de "Le vie del Pane" si svolgerà a Cagliari il prossimo 31 gennaio.

 

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